«Non macelliamo pezzi pregiati, bensì animali interi»

24. giugno 2020


Da macellaio-salumiere a direttore di una multinazionale per la trasformazione della carne e fabbricante di prodotti convenience: la carriera professionale di

Lorenz Wyss

(60) è esemplare. Essa inizia alla metà degli anni ʽ70 nel suo luogo d’origine, presso la Macelleria Jenzer di Arlesheim BL. Successivamente Lorenz Wyss lavora per alcuni anni ricoprendo diverse funzioni a livello direttivo presso Gehrig (oggi Sempione) e Coop. Nel 2011 passa infine al vertice di

Bell Food Group,

con sede principale a Basilea.
Lorenz Wyss, CEO Bell Food Group
In qualità di leader di mercato, in Svizzera Bell è praticamente sinonimo di carne. La sua storia risale a oltre 150 anni fa. E la salsiccia Bell è quasi un concetto a sé stante. In questo caso si dimentica però che da anni Bell Food Group opera anche nel settore degli alimenti vegetariani e vegani con Hilcona, Eisberg e Hügli. Attualmente il gruppo occupa oltre 12’000 impiegati presso 65 sedi in 15 paesi europei. Lo scorso anno ha registrato una cifra d’affari di oltre quattro miliardi di franchi.
Scoprite nella grande Interview mit Lorenz Wyss quale valore ha il benessere degli animali per i consumatori, che cosa lo disturba nei resoconti dei media in merito alle irregolarità nei macelli e che cosa pensa, come macellaio-salumiere, del burger vegetariano.

Signor Wyss, negli USA diversi macelli e trasformatori della carne hanno interrotto la produzione in seguito a casi di coronavirus. Anche la Germania ne è colpita. Potrebbe accadere qualcosa di simile anche in Svizzera?


La pandemia di coronavirus è stata e continua a essere anche per Bell Food Group una sfida senza precedenti. Nella produzione di alimentari rilevanti per il sistema l’home office è attuabile solo fino a un certo punto. Quindi, affinché non ci accadesse quello che è successo negli USA o in Germania, abbiamo reagito rapidamente, impiegando un’unità di crisi e mettendo in pratica ampie misure igieniche e di protezione. In questo modo siamo stati in grado di garantire la salute dei nostri collaboratori e l’approvvigionamento dei clienti. Sono davvero felice che ce l’abbiamo fatta in queste difficili condizioni. E sono lieto di ammettere che la solidarietà, la flessibilità e la disponibilità operativa dimostrate dai nostri collaboratori in questo duro periodo mi rendono orgoglioso.


In quale misura questa pandemia si è ripercossa sul mercato della carne e del pesce?


Il lockdown e soprattutto la chiusura degli esercizi gastronomici e take-away a esso correlata hanno notevolmente scosso il mercato della carne svizzero. In Svizzera circa la metà della carne viene consumata fuori casa e tali cifre d’affari sono venute a mancare dall’oggi al domani. Naturalmente per alcuni agricoltori e trasformatori della carne specializzati piuttosto nel canale gastronomico questo è stato duro. Ciò vale in particolare per i settori della carne di manzo e di vitello. Tuttavia Bell ha una colonna portante nel retail, ossia nel commercio al dettaglio. In questo modo siamo stati in grado di compensare in parte le cifre d’affari mancanti.

Tutto questo vale anche per il segmento bio?

In linea generale gli effetti della pandemia di coronavirus non si fermano di fronte ai marchi. Quello che forse si può dire è che la percentuale di bio nel retail è superiore rispetto alla gastronomia. Quindi nel segmento bio la perdita nelle cifre d’affari dovuta al coronavirus ha avuto effetti meno forti rispetto alla produzione convenzionale.

A quanto ammontano attualmente le percentuali di bio da Bell?


Per quanto concerne la carne di maiale e il pollame, esse si muovono nel settore medio a una cifra, per la carne di vitello o di manzo siamo attorno al 10 %. Per i prodotti ittici la percentuale di bio si attesta al 15 % circa.

Non è possibile fare di più? Nei sondaggi sempre più consumatori affermano che per loro il benessere degli animali e la sostenibilità sono importanti. Ciò nonostante, in Svizzera la percentuale di cifra d’affari della carne e del pesce bio si attesta solo al 6 %.

Stiamo osservando questo fenomeno già da diverso tempo. Nei sondaggi le consumatrici e i consumatori richiedono maggiore benessere e migliori condizioni di allevamento per gli animali, ma quando in negozio devono effettivamente decidere che cosa acquistare, le cose sono un po’ diverse. In linea di principio siamo ben disposti a produrre più carne bio, ma alla fine della giornata dobbiamo anche essere in grado di venderla.

Quindi è una questione di prezzo?

Ciò che fa la differenza in materia di prezzi sono soprattutto i maggiori costi di produzione, che devono poter essere realizzati sul mercato. Più spazio e più libertà di movimento per gli animali non sono certo disponibili a tariffa zero. A ciò si aggiunge che i requisiti di Bio Suisse nel confronto internazionale sono relativamente severi. Quindi in questo caso è necessario fare di più per soddisfare le direttive bio.

Quindi alla fine per i consumatori il portafoglio è più importante del benessere degli animali e della sostenibilità?


Non direi questo. Nel confronto internazionale, nella produzione di carne convenzionale in Svizzera abbiamo già un livello molto elevato di benessere degli animali e delle condizioni di produzione. In più, oltre al convenzionale e al bio, per la carne svizzera abbiamo ancora diversi livelli intermedi come URA, quindi uscita regolare all’aperto, ma anche allevamento in libertà o Coop Naturafarm, che sono molto apprezzati. Le consumatrici e i consumatori svizzeri sono senz’altro pronti a pagare qualcosa in più per una produzione di carne più sostenibile, ma evidentemente non dev’essere sempre e solo bio.

Il benessere degli animali è anche una questione d’immagine. I media continuano a riportare irregolarità nei macelli.

Senza alcun dubbio, negli ultimi anni il benessere degli animali ha assunto un maggiore rilievo per l’opinione pubblica. Ciò che però mi disturba nei resoconti dei media è la generalizzazione. Dappertutto ci sono pecore nere e non appena da qualche parte qualcuno fa qualcosa che non va, l’intero settore viene messo sotto accusa. In qualità di maggiore operatore in Svizzera lo percepiamo in modo particolare.

Come reagisce?

Per Bell e anche per me personalmente il benessere degli animali ha un’elevata priorità già da molto tempo. Ci attendiamo che sia i nostri fornitori sia i nostri collaboratori trattino gli animali in modo ineccepibile, in qualsiasi momento. Negli scorsi anni abbiamo investito in una produzione di carne sostenibile e lavoriamo costantemente per migliorare in tal senso i processi, l’infrastruttura, la formazione e il perfezionamento professionale dei nostri collaboratori, affinché siano armonizzati nel miglior modo possibile con le esigenze degli animali e con quelle dei nostri collaboratori.

Se si considera l’andamento dei prezzi dei produttori, in un confronto tra convenzionale, bio e altri marchi si nota come per manzo, vitello e agnello le fluttuazioni stagionali all’incirca coincidano. Per il maiale bio, invece, il prezzo si muove più indipendente rispetto al resto del mercato. A che cosa è dovuto?

Ciò dipende dal fatto che per la carne di maiale anche la domanda presenta una dinamica differente: mentre la richiesta di carne bio segue un andamento relativamente stabile, quella di carne di maiale convenzionale è soggetta a fluttuazioni maggiori.

Il 2019 è stato un anno speciale in tal senso. È stato possibile sviluppare la vendita di carne di maiale bio nel commercio al dettaglio, mentre per quanto concerne la carne di maiale convenzionale c’è stato un forte calo. Ciò ha avuto a che vedere con la peste suina africana?

La tendenza va in questa direzione già da diverso tempo, non ha nulla a che fare con la peste suina africana. Diversamente dall’UE la Svizzera non ne è stata colpita. Ciò dipende piuttosto dal cambiamento nelle abitudini di consumo e da una diversa struttura della popolazione.


Poiché menziona il cambiamento nelle abitudini di consumo: dal 2011 le cifre di macellazione relative al pollo bio in Svizzera si sono più che triplicate. Da mezzo milione a oltre un milione e mezzo.

In Svizzera il consumo di carne di pollo in questo periodo ha generalmente registrato una forte crescita. Naturalmente di ciò ha beneficiato anche il segmento bio, che negli scorsi anni ha fatto rilevare un aumento percentuale per quanto concerne il pollame svizzero. Accogliamo con soddisfazione questo sviluppo e siamo ben disposti a continuare a incrementare la percentuale di bio. Ma, a sua volta, ciò dipende notevolmente dalle consumatrici e dai consumatori.

E che cosa significa?

Gli svizzeri hanno un debole per i tagli pregiati come il petto di pollo. Saremmo in grado di vendere più petto di pollo bio senza alcun problema. Tuttavia non macelliamo pezzi pregiati, bensì animali interi. Quindi orientiamo la nostra produzione in modo tale da poter utilizzare l’animale intero. Agire diversamente non sarebbe responsabile, sia dal punto di vista della sostenibilità sia per motivi economici.

C’è ancora il progetto pilota «Pollaio SSRA Plus», con cui Bell intende portare l’allevamento di pollame particolarmente rispettoso degli animali in Svizzera a un nuovo livello. A tale scopo, attualmente state costruendo un pollaio pilota nelle vicinanze di Berna.

Esatto. Si tratta di contribuire a una produzione di carne più sostenibile. In questo caso, naturalmente ha un ruolo essenziale anche l’allevamento degli animali. Con la nostra produzione di pollame integrata, in Svizzera siamo in grado di influenzare direttamente le aziende di allevamento. SSRA Plus significa che intendiamo portare il pollaio convenzionale SSRA a un nuovo livello di sostenibilità. Il nostro pollaio SSRA Plus è neutrale in termini di CO2, produce l’energia di cui ha bisogno ed è certificato Minergie-P. Rispetto al classico allevamento SSRA ha anche dei vantaggi in merito al benessere degli animali e causa meno emissioni di polvere, odori e ammoniaca.

Ancora brevemente sulla posizione di mercato. In Austria Bell è attualmente il maggior fornitore di pollo bio, in Germania di tacchino bio. E in Svizzera?

La situazione è simile. In questo caso approfittiamo sicuramente anche del fatto che il nostro maggior cliente Coop sia leader di mercato nel segmento bio.

In ogni caso Bell è chiaramente leader di mercato nel settore pesce e frutti di mare. Degno di nota è il fatto che secondo le proprie indicazioni il 97 % dei prodotti provenga da fonti sostenibili. Perché non il 100 %, visto che ci si è già così vicini?

Siamo soci fondatori di WWF Seafood Group e ci impegniamo fortemente a favore di allevamento e pesca sostenibili. Tuttavia, diversamente dalla produzione di carne, le materie prime nel settore dei prodotti ittici vengono prevalentemente importate. L’approvvigionamento di prodotti ittici sostenibili nella qualità e nella quantità desiderate è di conseguenza complesso. Pertanto sono molto soddisfatto del fatto che abbiamo una percentuale così elevata di pesce e frutti di mare sostenibili.

Con Hilcona, Eisberg e Hügli, Bell Food Group opera da diverso tempo anche nel mercato convenience. Insalate da taglio, pasta ripiena o birchermüesli: gli affari decollano.

Negli scorsi anni il settore convenience si è sviluppato in modo positivo. Pietanze di elevata qualità, sane e semplici da preparare a casa e concetti innovativi per il consumo fuori casa sono di tendenza. Partiamo dal presupposto che il trend proseguirà in questa maniera, anche se ultimamente la dinamica in Svizzera ha subito un calo.

E all’estero? In Austria e in Germania, ad esempio, avete sviluppato considerevolmente la produzione convenience.

In Austria e in Germania il mercato convenience non è ancora così sviluppato come in Svizzera. Di conseguenza offre un grande potenziale che intendiamo sfruttare con la nostra esperienza sul mercato svizzero. Pertanto abbiamo investito circa 100 milioni di euro in un modernissimo stabilimento convenience nell’austriaca Marchtrenk, che è stato messo in esercizio lo scorso anno.

Quali sono quindi le possibilità di sviluppo del bio nel settore convenience?

Per quanto riguarda gli alimentari di origine vegetale, la percentuale di prodotti bio in Svizzera è generalmente più elevata rispetto al settore della carne. Nel segmento convenience ci attestiamo attualmente al 15 % circa. Anche in questo caso, in linea generale, abbiamo un approccio simile a quello con la carne: siamo lieti di realizzare più prodotti bio convenience se troviamo acquirenti.


Lei definisce la sede Hilcona di Landquart come il centro di competenza per i prodotti vegetariani e vegani. Questo quanto si addice a una casa madre il cui nome in Svizzera è quasi sinonimo di carne?

Nel frattempo circa un quarto della cifra d’affari di Bell Food Group è generato da prodotti convenience. Non solo Hilcona, ma anche Eisberg e Hügli realizzano esclusivamente o prevalentemente prodotti privi di carne. Naturalmente la carne e i salumi sono e rimangono, considerando l’intero gruppo, il nostro settore core, ma ultimamente ci orientiamo ai desideri e alle esigenze delle consumatrici e dei consumatori – ed essi includono anche prodotti vegetariani e vegani.


Con «The Green Mountain Burger», lo scorso anno Hilcona ha lanciato sul mercato un burger vegetariano a base di proteine dei piselli. Mano sul cuore: per lei come macellaio-salumiere non è certo un «vero» burger.

Non voglio ingannarla. Sono un noto appassionato di carne e preferisco sempre l’originale di vera carne macinata. Ma devo dire che con «The Green Mountain Burger» Hilcona ha fatto un ottimo lavoro. È davvero stupefacente constatare quanto si avvicini all’originale a base di carne di manzo in fatto di gusto e di consistenza.

Ma un vegetariano o un vegano vuole davvero mangiare qualcosa di così simile alla carne nell’aspetto e nel sapore? È un paradosso.

In questo caso sono meno dogmatico. Se le consumatrici e i consumatori vogliono mangiare burger vegani dal sapore simile a quello della carne, che lo facciano pure. Se si osserva questa moda dei burger vegani, evidentemente è un’esigenza. E in fin dei conti il nostro lavoro è proprio quello di riconoscere le esigenze delle consumatrici e dei consumatori, offrendo ai nostri clienti i prodotti corrispondenti.


Come vede in generale il futuro di Bell Food Group in merito al bio?

In linea di principio aspiriamo ad aumentare ulteriormente la percentuale di bio. Intendiamo difendere la nostra posizione di leadership in Svizzera ed essere degli antesignani in Europa. Ma per farlo abbiamo bisogno della disponibilità del commercio e, non da ultimo, anche delle consumatrici e dei consumatori a pagare un prezzo di conseguenza più elevato per questo maggiore sforzo.

www.bellfoodgroup.com
A causa della crisi del coronavirus questa intervista si è svolta per iscritto alla metà di giugno.

Intervista: René Schulte, Bio Suisse/Bioattualità

Foto: Bell Food Group; Coop

Condividi